Sorprendono le doti eclettiche e versatili della pittrice Franca Magnolato, incuriosisce la capacità di passare, con estrema naturalezza, da una figurazione precisa, dettagliata, quasi fiamminga, al segno libero, impetuoso, intimamente espressionista.
Per la mostra nella suggestiva Galleria d’Arte “Erasmo” a Valvasone (PN), l’artista ha scelto un nucleo di opere che mette al centro l’universo femminile, declinato in molteplici forme e situazioni. Innanzitutto, balza all’occhio, il tema delle “donne d’acqua”, un soggetto caro all’indimenticabile Gustav Klimt, esponente di spicco della Secessione viennese. Se nel maestro austriaco la magia dell’oro esalta la sinuosità dei corpi femminili che diventano un tutt’uno con l’acqua, le alghe e le chiome luminosissime, nei lavori della nostra artista, la bicromia nera-azzurra fa rimbalzare la potenza del segno, il virtuosismo della linea bianca che incide curve e capelli con estrema scioltezza. Sirene, ondine, bisce d’acqua: cosa cambia? E’ il tema della donna-ninfa che Franca Magnolato rivive per raccontare il mistero che accompagna la creatura femminile, da sempre legata agli abissi interiori, alle profondità dell’anima, alle spinte razionali e irrazionali.
La bidimensionalità della scena è accentuata dalla potenza del colore, dalla pennellata rapida che agisce sicura, trascinata dal dinamismo della mano e dal vortice del pensiero.
Sensualità e provocazione, ironia e sarcasmo convivono in una mappa iconografica ricca che dall’acqua sconfina alla terra. Nascono così i corpi solidi di donne che rimandano alla concretezza e robustezza delle veneri “ctonie”, sculture primitive legate ai simboli ancestrali di fertilità e maternità, testimonianze tangibili di un desiderio di vita e di continuità. L’opera “Oblio” rievoca un’immagine femminile la cui pelle sembra farsi corteccia e cedere al fascino di una possibile contaminazione e ibridazione con il regno vegetale e minerale. Allo stesso modo “Risveglio” e “Nel Bosco” ci riportano ad altre trasformazioni e attraversamenti, a un sentimento di vitalità insito nella natura (e nel corpo) che indica un bisogno di libertà, di sogno e di evasione.
Anche il cavallo è archetipo di vita, di dinamicità, è tradizionalmente associato al tempo per la rapidità della sua corsa e ci pare che nell’universo immaginifico di Franca Magnolato possa
ulteriormente rappresentare il valore catartico della pittura, intesa come prassi, come esercizio, come condizione innata e istintiva di percepire il mondo e di abitarlo. Il bellissimo dittico “Toro rosso” è la testimonianza di un atto creativo potente, magnetico, la tessitura cromatica fitta e densa sprigiona energia e insieme rivela il connubio felice di idea e materia-colore.
Nella ricca e articolata produzione legata alla raffigurazione di animali, produzione che nella mostra di Valvasone non compare e che merita assolutamente di essere vista, l’artista sandonatese, oltre ai citati cavalli, dedica ampio spazio a felini, zebre, orsi, cani, scoiattoli, cervi. E’ impressionante la resa dello sguardo, la capacità di inondare di luce l’iride profonda e di restituire la sensazione tattile di peli, baffi, pellicce. Una fiera di animali “privati” che esibiscono prestanza, vigore, autentici trofei innalzati alla bellezza, all’istinto, all’audacia.
E’ davvero sconcertante come la pittrice passi con disinvoltura dalla descrizione minuziosa e particolareggiata dei suoi amati animali all’evasione leggiadra delle “Tre grazie verdi”, divertenti e paradossali danzatrici a metà tra la pinguedine rubensiana e le rotondità gioiose di Niki de Saint Phalle. Siamo convinti che per Franca Magnolato l’arte è uno strumento d’indagine, un modo
privilegiato di stare al mondo e leggere la vita da angolazioni sempre diverse per offrire soluzioni e prospettive straordinariamente differenti e variegate.
Lorena Gava