Dal finestrino scorrono le ultime case di Mestre, le fabbriche, i viadotti e d’improvviso si impone la bassa vegetazione che affianca i canali fangosi. Finalmente il treno si lancia felice sul Ponte, verso la meta ultima del viaggio. Nella luce, l’orizzonte si apre e coglie il piano infinito e brillante della Laguna. La navicula di Franca scivola solitaria sui canali che serpeggiano intorno a Venezia e lambiscono le sue innumerevoli isole. Franca indaga gli approdi dimenticati, sopraffatti dalla vegetazione e dai rifiuti portati dalle correnti. Scorge le tracce di insediamenti abbandonati; nel silenzio immagina i suoni, i richiami; assapora gli odori che il vento confonde e si abbandona ad occhi chiusi al sole.
Le sue tele sono piccole reti che Franca immerge nell’acqua; nell’acqua opaca, bassa e fangosa delle paludi, delle barene; nell’acqua meno densa, più fredda, dei canali, delle peschiere, dei fondi; nell’acqua iridescente, fetida e velenosa di Porto Marghera.
Le sue tele, miracolosamente, catturano. La maglia fitta della rete riluce di tremule alghe, di piccole sfolgoranti pagliuzze, minuscole conchiglie, piccoli ciottoli trasparenti levigati dall’acqua, resti di perduti mosaici, di fantastici “vetri”.
Affiorando alla vista, le tele guizzano di energia, di colore e Franca, stupita, è come se indugiasse; le mantiene appena sotto la superficie per non spezzare, ancora, quel legame vitale e prolungare quella scoperta esistenza.
In questi momenti sospesi, sopra la tela lucida, increspata, si specchiano le immagini, evocate dalle forme sommerse, dalle luci rifratte, dai moti improvvisi dei colori. E le immagini che affiorano alla mente, si incontrano con le materie che emergono in superficie: a volte appena definite da un contorno lieve, a volte dirompenti nella loro riconquistata fisicità.
Immagini imprevedibili, senza tempo, intraviste sui libri, nei musei, durante i viaggi; intuite nei racconti, nelle canzoni, nelle voci. Immagini impigliate, nascoste a lungo nei meandri della memoria, improvvisamente liberate, disciolte alla luce.
Nei quadri di Franca, le immagini, i linguaggi, le robe, si confondono, si scambiano, come nelle calli veneziane, nei mercati, nei campi, in Piazza. Perchè a Venezia tutti sono passati, tutto è arrivato.
Venezia ha da sempre offerto liberalmente se stessa, consapevole della sua infrangibile, eterna, bellezza. Venezia resiste, da sempre, alla natura, ai saccheggi, al tempo.
Venezia resiste alle culture foreste, alle novità, al cattivo gusto, alla noia, perchè, figlia del Mare, da sempre incessantemente si trasforma, da sempre è altrove.
I quadri di Franca catturano, con garbata ironia, i frammenti preziosi di questa Venezia proteiforme e vitale.
12 settembre 2015
Giuliano Tognella